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Inaugurata la mostra «Suggestioni d’Italia. Dal Neorealismo al Duemila»

Suggestioni d’Italia – © Matteo Rovella Pictures / IIC Madrid
Suggestioni d'Italia - © Matteo Rovella Pictures / IIC Madrid

In occasione di PHotoESPAÑA 2025, l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid ha inaugurato lo scorso 22 maggio, presso la propria sede, la mostra «Suggestioni d’Italia. Dal Neorealismo al Duemila», che presenta una raccolta significativa di fotografie d’autore di Nino Migliori, Gianni Berengo Gardin, Mimmo Jodice, Mario Cresci, Enzo Obiso, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Ferdinando Scianna, Gabriele Basilico, Franco Fontana, Bruna BiaminoUliano Lucas e Ugo Mulas, tutte dedicate all’Italia, proponendo al pubblico un percorso di alta qualità rivolto agli elementi del paesaggio, della città, della dimensione sociale e dell’architettura.

In bianco e nero e a colori, gli scatti ripercorrono il paese dalle vette alpine alle grandi città come Torino e Milano, e poi lungo la dorsale emiliana per raggiungere Napoli, Matera e la Sicilia.

Accanto ai primi reportage improntati al Neorealismo e alle vicende politico-sociali, si affiancano visioni inedite del paesaggio italiano e interpretazioni dell’architettura connotate da un alto formalismo. L’intento è quello di coinvolgere il visitatore in una fluida alternanza di differenti sensibilità e intense atmosfere, con continui cambi di tono e prospettiva che riflettono l’evoluzione storica del linguaggio fotografico. Le immagini propongono narrazioni essenziali che aprono la strada a nuovi codici visivi dove non esiste distinzione tra scatti spontanei e composizioni minuziosamente studiate e calibrate.

Nelle fotografie di Nino Migliori (Bologna, 1926) prevalgono i luoghi e i segni dell’uomo. Le sue immagini manifestano un forte intento narrativo. È forse il fotografo che prima di tutti ha saputo interpretare la forza del Neorealismo.

Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, Genova, 1930) con l’obiettivo della sua macchina fotografica ritrae il disagio e l’arretratezza sociale, in una dimensione di straordinaria epica popolare.

Mimmo Jodice (Napoli, 1934) elabora una nuova visione del paesaggio sia urbano sia naturale, avvicinandosi a una poetica che interpreta gli spazi attraverso la lente della classicità, lasciando emergere una dimensione sospesa, a tratti monumentale, sempre permeata da una sottile inquietudine.

Mario Cresci (Chiavari, Genova, 1942) affronta il lungo e partecipato lavoro sul meridione d’Italia adottando un atteggiamento non estetico e utilizza la fotografia come scrittura lucida dei segni della cultura locale, lontano dal sentimentalismo della rappresentazione di un mondo ormai al tramonto.

La scelta della luce è un aspetto fondamentale della poetica di Enzo Obiso (Campobello di Mazara, Trapani, 1954) poiché l’autore se ne serve per esaltare lo scorrere del tempo, le caratteristiche e le stratificazioni di un luogo, prediligendo narrazioni sfuggenti in grado di collezionare momenti inafferrabili e incontri fugaci.

Il lavoro di Mario Giacomelli (Senigallia, Ancona, 1925 – 2000), nel quale confluiscono molteplici stimoli artistici provenienti dall’arte informale, dalla Land Art, dalla poesia e dalla musica, si distingue nel panorama fotografico degli anni Cinquanta per gli aspetti di grande sperimentazione tecnica. L’autore infatti è tra i primi a deformare l’immagine, facendo ricorso a sfocature, sgranature, sovraesposizioni e sovrimpressioni.

Di tutt’altro segno è la fotografia a colori di Luigi Ghirri (Scandiano, Reggio Emilia, 1943 – Roncocesi, Reggio Emilia, 1992). I suoi paesaggi ‘vuoti’, quasi non sfiorati dalla presenza umana, ci impongono un nuovo sguardo sulle cose, sulle architetture e sui paesaggi. Dai suoi scatti emerge un sentimento invincibile di mistero, che ci proietta in una nuova dimensione di interpretazione del mondo.

Sono in bianco e nero anche le fotografie di Ferdinando Scianna (Bagheria, Palermo, 1943). Le persone che ritrae ci inducono a considerare i luoghi in una dimensione antropologica. Queste immagini, come quelle di paesaggio, vivono di contrasti: sole-luce /buio, in una visione quasi abbacinante.

Negli scatti di Gabriele Basilico (Milano, 1944 – 2013) colpisce l’atmosfera sospesa, la sottile attenzione per la calibrazione degli spazi e delle simmetrie interne, l’assenza di figure umane. Le sue fotografie sembrano rappresentazioni metafisiche di uno spazio i cui elementi di verticalità e profondità sono accentuati grazie alla predilezione per l’uso del bianco e nero.

In Franco Fontana (Modena, 1933) la ricerca fotografica è interamente incentrata sull’uso del colore, che diventa precisa cifra stilistica dell’autore. Fontana lo intende, infatti, come potente espediente visivo in grado di rivelare le strutture e le segrete armonie della realtà.

Il colore controllato degli scatti di Bruna Biamino (Torino, 1956) ci porta lontano, in una sorta di sogno lattiginoso. Architetture, paesaggi disadorni, luoghi d’acqua, alludono alla sospensione e al vuoto e contengono, al contempo, uno stato di concentrazione e di spaesamento indissolubili.

Uliano Lucas (Milano, 1942) elabora un linguaggio nuovo, applicando lo stile del reportage alla cronaca e immergendo il proprio sguardo nelle contraddizioni e nelle ampie zone d’ombra della realtà. Rifiuta la singola immagine emblematica, lavorando su serie che nella loro interezza intrecciano narrazioni in grado di restituire la complessità di un’epoca.

I paesaggi in bianco e nero di Ugo Mulas (Pozzolengo, Brescia, 1928 – Milano, 1973) ci obbligano a guardare in maniera diversa i soggetti, facendoci scoprire quanto non avevamo saputo vedere prima. Ciò vale anche per la sua indagine sulle periferie brumose della città industriale, che assumono, paradossalmente un forte, inedito, fascino.

 

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 13 settembre 2025
Orario: dal martedì al sabato dalle ore 12.00 alle ore 20.00

Lunedì e festivi chiusa
Ingresso gratuito
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